Otium: l'opera di Cristina Enrica Cipolla al CLIP
Partendo da "Il Bagno Turco" di Jean-Auguste-Dominique Ingres (1780 - 1867), Cristina Cipolla ci propone un percorso artistico-culturale celebrativo del più antico vizio, ma in questo caso virtù, del mondo: l’ozio. Anticamente veniva chiamato l’ozio letterario ed indica l’atteggiamento contemplativo dell’uomo originario, stupito ancora dalle meraviglie della Natura, la Φύσις, da Physein, il Divenire cosmico, il πάντα ῥεῖ (Panta rei) di Eraclito. Il pluralia neutro indica la totalità degli essenti.
Da qui l’atteggiamento della figura femminile che viene proposta in varie pose, o modalità: la Φύσις era detta μήτηρ, madre, da cui la raffigurazione profondamente femminile della Cipolla, ma per Omero era anche πατήρ, padre, una figura androgina primordiale. Rispecchia questo senso profondo dell’essere: ogni stato dell’essere deriva dal suo divenire, o cambiamento. Come diceva Fichte: esse sequitur operari, e non viceversa. È un ozio, quindi movimentato, irrequieto. È un susseguirsi di stati dell’essere, ma calmo, pacifico, rilassante. L’arte coglie gli stati dell’essere, è imitazione, o platonicamente mimesi della Natura Madre, l’omerica Madre del tutto. Aristotele scriveva: Gli uomini hanno cominciato a filosofare, ora come in origine, a causa della meraviglia (Metafisica, A, 2, 982b).
Questo stupore originario dinanzi alle Idee-dee rende stupìti/stupidi. Ecco l’origine dell’ozio originario. Non è una cosa da nulla. Anche la stessa scuola era il luogo dell’ozio (σχολή), dove si potessero coltivare le discipline teoretiche. θεωρία, infatti, significa contemplazione ed ha la stessa radice di vedere, di giorno, di luce. La scuola dovrebbe tornare a questo senso originario. Il messaggio è allora molto bello e chiaro: un susseguirsi di pose da yoga, per celebrare l’ozio, la tranquillità contemplativa, quella virtù suprema degli alessandrini (epicurei, stoici, cinici, scettici): l’atarassia. Oggi più che mai ce n’è bisogno, in un mondo di corsa, di fretta, di attivismo sfrenato, conseguenza parossistica dell’homo faber rinascimentale, che si è sostituito all’uomo contemplativo antico-medievale. È la celebrazione della bucolica, virgiliana rassegnazione:
Tytire, tu patulae recubans sub tegmine fagi
silvestrem tenui musam meditaris avena...
o Meliboee, deus nobis otia fecit.
Dio ci ha dotato dell’ozio primordiale, quello edenico, quando la terra produceva tutto da sola, senza fatica. L’attivismo è frutto del peccato umano, della ybris, della superbia. Il lavoro diventa colpa, produce miseria, capitalismo.
Prof. Vincenzo Capodiferro
Cristina Cipolla nasce a Luino, in Provincia di Varese nel 1967, consegue la maturità artistica presso il Liceo Artistico “Angelo Frattini” di Varese. Nel 1987 si iscrive alla Accademia di Belle Arti di Urbino, dove frequenta il corso di Scultura del Professor Raffaello Scianca, Tecniche Pittoriche del Professor Pierpaolo Calzolari, Fotografia del Professor Ken Damy, Anatomia del Professor Omar Galliani, Scultura del Professor Vito Bucciarelli.
Partecipa alle mostre collettive in Accademia. Si diploma nel 1991, con una tesi sullo scultore Eliseo Mattiacci. Collabora all’allestimento di mostre, per musei e gallerie di Urbino, Brescia, Milano, per Ken Damy, museo di fotografia contemporanea.
Lavora a Londra un anno, a Formentera sei mesi, dove decora alcuni locali pubblici. Si occupa di
fotografia, di scultura in ottone, in rame e in gesso, strutture eteree che disegnano la loro ombra sulle superfici attigue, dilatandosi ulteriormente nello spazio: il concetto di Scultura fruibile anche dell’interno, un punto di vista che regala prospettive nuove nella visione del contesto e dell’ambiente circostante.
Insegna Scultura, Discipline Plastiche e Laboratorio di Scenografia al Liceo Artistico Angelo Frattini di Varese.